Perchè la Sardegna non ha bisogno del metano
La Sardegna è l'unica regione d'Italia a non avere il metano. Oggi possiamo dire per fortuna. Il prezzo del gas, che si continua a chiamare naturale per dargli una parvenza di ecologico, negli ultimi mesi è schizzato alle stelle, arrivando addirittura a decuplicarsi rispetto a gennaio-luglio dell'anno scorso. Le ragioni risiedono nell'incremento della domanda, in particolare dell'area asiatica, e dalla volatilità dei prezzi nel fluttuante mercato a breve termine. Conseguentemente, in Italia
l'aumento del prezzo dell'elettricità avrebbe dovuto raggiungere il 20%, ed è stato contenuto al 9,9% solo grazie all'intervento del Governo. Il metano: Come confermato da numerosi studi scientifici, il metano è un potente gas fossile climalterante con un effetto circa 80 volte superiore all'anidride carbonica nei primi 20 anni dall'emissione e di 28 volte su un periodo di 100 anni. Diversi rilievi in giro per il mondo, di cui uno recente in Italia condotto dalla Ong statunitense Clear Air Task Force (Catf), hanno documentato ingenti perdite lungo tutta la catena di trasporto e distribuzione del gas: pozzi, serbatoi, stazioni di compressione, tubazioni, valvole, tubi di sfiato, reti cittadine. La stessa combustione del gas non è esente da problemi: secondo uno studio della Transport&Environment e pubblicato nel 2018, i veicoli e le navi a metano non forniscono benefici climatici significativi rispetto ai carburanti derivati dal petrolio, mentre, considerando le perdite a monte, i benefici si annullano in quasi tutti i casi. Ad ogni modo, non sarebbe possibile garantire i risultati necessari per la riduzione delle emissioni climalteranti.
La transizione ecologica: Con un'Europa in continua competizione per l'accaparramento delle risorse energetiche fossili e sempre più dipendente da gas e petrolio, gli impegni di decarbonizzazione e riduzione delle emissioni non appaiono credibili. Il cambiamento climatico in corso, parte di un più generale problema ambientale, imporrebbe scelte drastiche in materia di indirizzo energetico, ma i programmi di disseminazione di mega impianti di produzione da rinnovabile in parallelo al potenziamento e alla realizzazione di nuove infrastrutture per il metano appaiono più concretamente come un assalto alla diligenza, un'occasione per fare piazza pulita delle ultime resistenze in termini di tutela ambientale e paesaggistica e diritti. In questo senso, gli indirizzi dell'attuale governo sono abbastanza chiari: cancellare i vincoli e accentrare il potere decisionale, togliendo voce a comunità e amministrazioni locali.
Il caso Sardegna: In Sardegna l'aspetto ecologico del metano, e pertanto la sua funzione di combustibile di transizione, ha presto lasciato spazio alle questioni puramente economiche. Attualmente lo si presenta come indispensabile per i sardi e per le industrie sarde grazie al presunto risparmio "fino al 30%" rispetto agli altri combustibili fossili. Ma la dorsale, secondo il progetto della proponente Snam, raggiungerebbe circa 75 comuni su 377 e non sono affatto garantiti i risparmi tanto propagandati. Non lo erano già all'epoca in cui venne depositato lo studio di impatto ambientale, figuriamoci ora. Basta leggere a pagina 45 dello stesso documento, per verificarlo. Infatti, nel capitolo 5.2, Analisi monetaria, Valutazione dei benefici, si riporta che l'unico vantaggio economico lo si ha rispetto al gpl, ma non nei confronti di gasolio e aria propanata. È riportato, testuale: "Con riferimento al gasolio per usi civili, il prezzo del gas naturale ipotizzato porterebbe ad una indifferenza rispetto al costo oggi sostenuto."
Secondo uno studio pubblicato questo luglio dalla Banca d'Italia "I divari infrastrutturali in Italia: una misurazione caso per caso", emerge la drammatica situazione della nostra isola. In dotazioni infrastrutturali siamo ultimi in tutto: strade, ferrovie, porti e aeroporti, ospedali, gestione dei rifiuti, energia elettrica, telecomunicazioni, funzionamento rete idrica. Le ragioni del divario risiedono soprattutto nella destinazione dei fondi infrastrutturali, in cui ad essere privilegiato è ovviamente il nord, nei tagli alla spesa pubblica e nella pessima qualità delle nostre amministrazioni locali.
Non bastasse questo, come riportato dal Fatto Quotidiano del 15 agosto, mentre il governo Conte istituì il "fondo perequativo infrastrutturale" per destinare maggiori fondi al sud, con avvio previsto entro il 30 giugno 2021, Draghi ha rinviato i termini al 31 dicembre. Così, quando già i primi 24,9 miliardi del Recovery Fund sono arrivati all'Italia, l'unica certezza è che per tutto quanto sopra non sarà destinato un solo euro. Gli obbiettivi per la nostra isola, come è noto, riguardano esclusivamente la metanizzazione e, al momento, con già 114 progetti in fase di valutazione, non meno di 10.000 ettari di suolo da occupare con pale e pannelli fotovoltaici.
In una situazione in cui arriviamo a produrre esubero di energia elettrica per oltre il 40%, fatto salvo il piano di chiusura delle due centrali a carbone di Fiumesanto e Portovesme, non si mette assolutamente in discussione l'impianto Sarlux della Saras, alimentato con gli scarti d lavorazione del petrolio, il Targas, in grado da solo di coprire circa il 50% del nostro fabbisogno. Quale destino ci attenda, in queste condizioni è facile capirlo. La Sardegna rimane terra di conquista, una colonia ricca di risorse naturali capace di assicurare redditi milionari agli speculatori ma non una vita dignitosa ai suoi abitanti. E proprio la povertà e la miseria sono la garanzia per l'accettazione di qualunque progetto di grande impatto, purché si abbia, anche solo in prospettiva, un minimo tornaconto economico.
I piani di transizione energetica devono nascere e svilupparsi nei territori, a cominciare proprio dai servizi essenziali: scuola, istruzione e sanità; prendono forma grazie all'apporto tecnologico: trasporti, telecomunicazioni, energia elettrica; e si sviluppano all'interno di comunità in cui si hanno competenze, capacità economica e margine di manovra. In questo panorama, quale possa essere il contributo di un progetto miliardario per la realizzazione della rete del gas con 50 anni di ritardo, a parte la creazione di una nuova servitù, non è dato sapere.
Antonio Muscas