Per quanto riguarda i costi per lo
Stato, i report dell'Enea confermano
un costo del 110% al ritmo stabile di
circa tre miliardi al mese. Il valore
delle detrazioni al termine dei lavori già asseverati, ovvero l'onere a carico dello Stato per sostenere i bonus,
è salito a 38,7 miliardi (dati aggiornati al 30 giugno). Secondo l'Enea, la
stragrande maggioranza dei progetti
riguarda gli edifici unifamiliari e gli
edifici funzionalmente indipendenti,
ossia le cosiddette "villette", mentre
solo il 15,7 per cento dei 155.543
interventi realizzati finora riguarda i
condomìni (24.263 interventi in termini assoluti). Un numero marginale
se si pensa che, secondo le stime
più diffuse, i condomìni presenti in
Italia sono almeno 1,2 milioni, con 30
milioni di unità immobiliari. Da questo punto di vista il 110% rischia di
essere semplicemente una versione
formato "maxi" degli incentivi in vigore da anni per stimolare le ristrutturazioni edilizie (50%) e gli interventi di
efficienza energetica e sismica
(65%).
Ma allora conviene veramente il
superbonus? E' veramente insostenibile per le casse statali?
Innanzitutto conviene a chi ha l'opportunità di ristrutturare casa, tuttavia la misura crea un impatto più
ampio con tutti i soggetti in ballo che
provano a dimostrare la bontà del proprio osservatorio. Stando alle rilevazioni del Consiglio nazionale degli
ingegneri la spesa di 21 miliardi nel
primo semestre del 2022 ha generato circa il doppio in termini di investimenti, e un gettito fiscale complessivo 7,7 pari a 1/3 della spesa.
Secondo i costruttori di ANCE il
costo effettivo del Superbonus è di
530 milioni all'erario per ogni miliardo speso dallo Stato in detrazioni:
questo perché l'intervento così ipotizzato produce maggiori entrate tributarie e contributive per
470 milioni.
Imprese e progettisti denunciano un clima
di incertezza
normativa che
rischia di bloccare migliaia
di lavori già
partiti o in procinto di partire, creando
enormi contenziosi e facendo fallire centinaia di
operatori. Anche gli istituti di credito
chiedono certezza del diritto dopo
aver contato 16 interventi normativi
in due anni. In questo caso la richiesta al Governo è quella di potenziare
le modalità di compensazione dei
crediti invece di ampliare la platea
dei soggetti cui è possibile cedere il
credito fiscale maturato. In proposito, gli artigiani della CNA stimano in
2,6 miliardi di euro l'ammontare dei
crediti fiscali riconosciuti con lo sconto in fattura e non ancora monetizzati. La consistenza dei crediti bloccati
(circa il 15% del totale) sta mettendo
in crisi migliaia di imprese che si trovano con cassetto fiscale pieno di
crediti ma senza liquidità.
Di recente Nomisma ha pubblicato
un report sulla misura considerata
certamente costosa ma capace di
generare ritorni economici molto
superiori, con un valore calcolato in
124,8 miliardi di euro (cioè il 7,5%
del Pil) pari al triplo della spesa pubblica sostenuta sinora. L'analisi non
nasconde i limiti della misura sinora
servita a riqualificare soltanto lo 0,5% del parco edilizio nazionale, utilizzata soprattutto dai ceti medio-alti
dell'Italia del centro-nord, generando
un aumento di valore immobiliare a
chi già ne disponeva. Per quanto
riguarda la domanda di lavoro,
secondo Nomisma i 38,7 miliardi
investiti hanno generato 410 mila
occupati nel settore delle costruzioni
e 224mila unità in quelle connesse,
per un totale di 634 mila occupati in
più.
Da questa breve analisi possiamo
evincere che gli obiettivi del meccanismo sono condivisibili ma risultano
discutibili le modalità seguite, come
l'azzeramento del prezzo (tutto a
carico dello Stato), che toglie al mercato ogni funzione allocativa. La
domanda si ritrova molto gonfiata
con il rischio che i prezzi rimangano inflazionati anche al termine del
Superbonus. Altro limite riguarda l'effetto redistributivo considerato che i
contribuenti più benestanti beneficiano dieci volte di più rispetto alle famiglie più povere. Si tratta di un effetto
dovuto non tanto all'incapienza, ma
alla distribuzione della proprietà
immobiliare e alla capacità di spesa
per far fronte a lavori di ristrutturazione.
E allora quale futuro per il
Superbonus? Il ripensamento della
misura non andrebbe tarato esclusivamente sull'abbassamento della
detrazione ma dovrebbe perseguire
altre finalità pubbliche, selezionando
gli ambiti di applicazione dei superbonus. Si potrebbe favorire ad esempio l'accesso alle agevolazioni in
modo inversamente proporzionale
rispetto al reddito dei proprietari per
contrastare la povertà energetica.
Inoltre il superbonus dovrebbe operare di più e meglio sulle scale più
grandi ossia sugli interventi finalizzati alla rigenerazione urbana e
delle periferie (si pensi all'ERP) così
da diventare una grande opportunità
per la riqualificazione energetica ed
estetica delle nostre città.
In conclusione, come scrive Vincenzo Visco,
il meccanismo per quanto discutibile
non va bloccato bensì rimodulato,
dato il contributo che esso fornisce
ad una crescita dell'edilizia diffusa
su tutto il territorio nazionale e che
non è in concorrenza con le grandi
opere. "Può non piacere, e a me non
piace particolarmente, ma non si
può rischiare di rallentare quel po' di
crescita su cui possiamo fare affidamento."
Peppe Garau
28-07-2022