Una prima riflessione: è mai possibile
che in piena emergenza sanitaria, non
finita come dimostra la curva dei contagi di questi giorni e con un autunno
che non si annuncia certo tranquillo, si
debba arrivare davanti ai massimi
livelli giudicanti per una cosa che il
buon senso avrebbe già risolto da
tempo, magari con l'aiuto della politica.
Già la politica, del tutto assente in questa vicenda, o meglio, sempre presente al fianco degli interessi corporativi.
Due elementi colpiscono nelle pronunce dei vari livelli di giudizio.
Il primo che dopo il non accoglimento
del ricorso davanti al Tar, il Consiglio di
Stato rilevando che i profili di principio
sottoposti dagli appellanti siano meritevoli di approfondimenti suggerisce
allo stesso Tar di rinviare la questione
direttamente alla Corte di Giustizia di
Bruxelles, suggerimento che il Tar non
accoglie ma gira alla Corte Costituzionale per verificare se nella
legge in vigore vi siano conflitti con gli
articoli 3 e 41 della Costituzione
Il secondo che la Corte Costituzionale
non rileva conflitti spiegando in buona
sostanza che la limitazione del numero di soggetti abilitati all'esecuzione
dei tamponi è a tutela della salute
pubblica e che questo trova giustificazione nel fatto che se tale numero si
fosse allargato si sarebbe corso il
rischio di non poter
gestire in maniera congrua la mole di dati in
arrivo.
S o s t a n z i a l m e n t e
un'ammissione dell'inadeguatezza del sistema.
Difficile trovare una giustificazione più risibile di
quella addotta dalla
Corte nei suoi pronunciamenti e come diceva
un vecchio statista: "a
pensar male non si fa
peccato". Ovvero, che
anche la Corte abbia
risentito del clima di corporativismo pandemico
che aleggia nelle aule del Parlamento
e in quelle dei vari Ministeri, con un
Presidente del Consiglio che si dice
sia per la libertà di impresa ma che fa
presenziare i propri legali per sostenere le tesi dei titolari di farmacia.
Perché è bene sia chiaro: a fare i tamponi sarebbe stato un farmacista
come in farmacia, la privacy tutelata
essendo che le parafarmacie ne sono
già sottoposte quando inviano i dati
del sistema TS per il 730 o forniscono
prodotti per i celiaci, per i diabetici, per
gli incontinenti o nefropatici per le
stesse regioni e il SSN, avrebbero
adottato le stesse regole utilizzate per
i locali, il distanziamento e la protezione degli operatori delle farmacie.
E allora dove sono le differenze?
Le differenze non ci sono, solo gli
interessi esistono, quelli economici, perché per le farmacie fare i tamponi
è fonte importante di reddito.
Quindi
viva l'Italia e viva il corporativismo
pandemico a danno dell'interesse
generale.
Stefania Goddi
17.07.2022