I consumi globali. La lista finale, sul versante dei consumi, si basa su questi dati: 250mila pompe di calore, 200mila piani induzione, 12mila attività commerciali elettrificate, 170mila auto e moto elettriche (solo però il 16 per cento del totale), 1100 bus elettrici, 7 porti "puliti", 25mila furgoni e camion elettrici e 3mila processi industriali elettrificati. In totale un aggravio di consumi elettrici pari a 1.8 TWh al 2030 (8.5 TWh nel 2019) in più rispetto a quella oggi prodotta: 0.8 TWh negli edifici, 0.7 TWh nel trasporto e 0.3 TWh nell'industria (che non include alluminio).
Produzione verde. Il sistema produttivo è il palcoscenico di questa trasformazione. Oggi produciamo 9,6 TWh (1 terawatt corrisponde a 1 milione di megawatt e a 1 miliardo di chilowatt) da fossili, 4 da rinnovabili e ne esportiamo 3,5 arrivando a un consumo finale di 8,5. Il nuovo piano prevede l'abbattimento delle fossili, con le rinnovabili che passano a 10,9, l'export che crolla a 0,6 e i consumi finali che crescono a 10,3. Tutto ciò quando lo stabilizzatore della rete nazionale, il Tyrrhenian link, sarà in esercizio. Nel 2027, forse.
Le ricadute occupazionali sono state stimate dall'Ocse in 10/15mila occupati permanenti in più, con investimenti per 15 miliardi di euro: 2 per l'elettrificazione degli edifici, 8 per la mobilità elettrica, 5 per le rinnovabili, che portano poi a un indotto di 30 miliardi cumulati dal 2021 al 2040 da investimenti e spese sul territorio. Ben più di un qualunque ipotizzabile Piano di Rinascita.
Per sostenere questo andamento saranno necessari investimenti in nuovi impianti di generazione da fonti rinnovabili, ma anche nelle infrastrutture di rete, fra cui un collegamento (il Tyrrhenian Link), che connetterà la Sardegna con la Sicilia e la Campania, e dunque con la rete nazionale. Enel ha dichiarato che il piano è focalizzato sul 2030. Il punto di partenza è stata un'analisi degli investimenti, compiuta con l'operatore della rete ad alta tensione Terna, per la realizzazione del Tyrrhenian Link. I dati presentati qui sopra sono frutto di studi approfonditi sul rifornimento elettrico dell'isola sviluppati durante e dopo la fase di uscita dal carbone, e sulle potenzialità delle fonti rinnovabili anche in associazione ai sistemi di accumulo. Tuttavia, rimanendo con i piedi per terra, la sfida è ambiziosa perché non solo occorre pianificare il miglioramento della sostenibilità energetica per il raggiungi-mento degli obiettivi di decarbonizzazione con un adeguato esercizio della rete sarda, ma serve chiarezza e precisione della messa in atto di ogni progetto di pala eolica e pannello fotovoltaico che sarà costruito: in che territorio, a che costo, a beneficio di chi. Il processo di comunicazione, fino ad ora fermatosi solo con gli interlocutori in Regione, deve partire ancora con i diversi enti locali nei territori. Partendo dalla fase di phase out dal carbone al 2025, ci sono ancora tante domande aperte per il pubblico, come i problemi autorizzativi, lo schema di sostegno specifico per le rinnovabili di larga scala, maggiore chiarezza riguardo al bilanciamento energetico e alle nuove connessioni elettriche.
I dubbi sono leciti e sono necessari per poter portare avanti un processo equo che non metta nessuno ai margini, dall'imprenditore industriale a quello agricolo e pastorale. Dunque, bisognerebbe ammettere che il polverone alzatosi all'indomani delle dichiarazioni dell'AD di Enel e del neo-ministro alla transizione, è più figlio di una mancanza di visione di lungo periodo sul settore energetico ben presente nelle stanze della Regione. Un handicap dimostrato nel tempo dall'assenza di una politica regionale complessiva che avrebbe potuto anticipare la fisionomia del progetto di Enel. Una visione che si potrebbe confrontare con i cambiamenti sempre in corso nel mondo ed in questo settore. Con questa mancanza, ci troviamo a partire da zero, quindi con maggiori difficoltà e problemi: l'unica soluzione è mettersi a lavoro subito, ora o mai più.
Matteo Pusceddu