NUOVI
POTERI DIGITALI
Cos'è
il Capitalismo della Sorveglianza e perché ce ne dovremmo occupare
Nel mese di marzo del 2020, quando
la scuola dovette adattarsi a convivere con lockdown e restrizioni
previste dalla pandemia, i docenti e gli studenti si organizzarono
per utilizzare gli strumenti che il mondo digitale mette loro a
disposizione per potersi vedere e discutere stando ognuno a casa
propria. Tra questi strumenti il più diffuso è stato Google
Classroom, una piattaforma molto intuitiva che consente di poter
organizzare videoconferenze, scambiare documenti, impostare dei
compiti e tenere traccia dei lavori svolti dagli studenti.
La piattaforma Google Classroom è
gratuita, come la maggior parte dei servizi che Google offre, ma la
Alphabet, la società proprietaria di Google, trae un notevole
profitto dal fatto che milioni di persone utilizzino i suoi servizi
in termini di acquisizione di dati e di vendita di pubblicità
mirate. E qui arriva il paradosso: per l'acquisto e l'utilizzo di
beni e servizi nelle scuole, come in tutte le amministrazioni
pubbliche, occorre fare delle gare di evidenza pubblica; come mai
allora il servizio fondamentale che consente lo svolgimento delle
lezioni viene scelto arbitrariamente dall'istituzione scolastica
senza alcun passaggio formale? Perché nessuno ha sollevato
questioni? Perché, nel mentre, non si è ritenuto ovvio pensare allo
sviluppo di una piattaforma pubblica?
Il fatto che abbiamo accettato con
naturalezza l'invasione di Google all'interno delle nostre classi
dà l'idea del successo del processo di assuefazione che abbiamo
maturato verso questa nuova forma del capitalismo, entrato nella
quotidianità delle nostre vite e del quale sembra non possiamo fare
a meno. A questo nuovo capitalismo, chiamato Capitalismo Digitale o
Capitalismo della Sorveglianza, dedicheremo una rubrica fissa
all'interno di Aprile, approfondendo tutti i suoi lati oscuri, il
suo potere economico, il suo potere politico, la sua sorprendente
capacità di prevedere e modificare i nostri comportamenti.
In questo primo articolo ci
limiteremo ad inquadrare in modo sommario il suo potere economico e a
capirne i meccanismi principali di funzionamento, servendoci delle
chiavi di lettura che ci ha fornito la sociologa Shoshana Zuboff,
autrice, nel 2019, del volume Il
Capitalismo della Sorveglianza.
Solo
25 anni fa, tra le prime 10 aziende al mondo per utili, ve ne era
soltanto una legata al mondo della tecnologia, la IBM, che comunque
si occupa di produzione di componentistica più che di gestione delle
informazioni digitali. La classifica era dominata dal mercato
dell'auto e dell'energia. Oggi, tra le prime 10 aziende al mondo
per utili troviamo Apple, Microsoft, Facebook, Alphabet (Google),
Samsung. Le altre cinque sono banche d'affari, segno del grande
connubio tra il capitalismo digitale e il mercato finanziario che
sempre maggiormente investe in capitalismo della sorveglianza. Stiamo
dunque parlando di una vera e propria rivoluzione all'interno del
mondo del capitalismo. Se è vero che le logiche del capitalismo
della sorveglianza rientrano nelle dinamiche generali del capitalismo
(accumulazione delle risorse, ricerca del profitto, favore per le
politiche di deregolamentazione), la Zuboff ritiene che il fenomeno
del capitalismo della sorveglianza sia un fenomeno senza
precedenti.
Esiste dunque un prima e un dopo nella storia del capitalismo, e la
data spartiacque è l'anno 2000, quando il capitalismo della
sorveglianza si è affacciato al mondo, sfruttando le potenzialità
che lo sviluppo straordinario della tecnologia digitale ha fornito.
In
cosa consiste la novità
del capitalismo della sorveglianza?
Il capitalismo tradizionale è stato
caratterizzato dallo sfruttamento delle risorse
naturali per la
produzione di merci e per ottenere profitti dalla vendita delle merci
prodotte. Il costo delle merci è maggiore del costo della loro
produzione ed è proprio questo plusvalore a garantire il profitto al
proprietario dei mezzi di produzione.
Il capitalismo della sorveglianza si
appropria invece dell'esperienza umana come materia prima. Le
risorse umane
vengono trasformate in dati
sui comportamenti.
La capacità di elaborare i dati comportamentali è il mezzo di
produzione del capitalismo della sorveglianza. Questi dati
costituiscono il plusvalore del capitalismo della sorveglianza. Essi
vengono utilizzati per generare informazioni su cosa faremo
immediatamente, tra poco e tra molto tempo, e, dato che sono
moltissime le aziende bisognose di conoscere i nostri comportamenti
futuri, hanno un valore inestimabile.
Quando facciamo una ricerca su
Google, Google fa una ricerca su di noi: dove siamo andati o dove
vorremmo andare (Google Maps), quanti anni abbiamo, quali sono i
nostri contatti (GMail), quali sono i nostri gusti e i nostri
interessi (YouTube, Google Search), perfino i nostri problemi di
salute. Facebook è in grado di conoscere i gusti commerciali, le
opinioni politiche, i luoghi che ci piacerebbe visitare. La mole di
dati a disposizione è tale per cui è possibile generare
informazioni sugli utenti per produrre pubblicità mirata e
moltiplicare così le probabilità di successo di un contenuto
pubblicitario. E' infatti esperienza comune quella di ricevere
annunci pubblicitari su misura per riflettere i tratti della nostra
personalità che vengono estratti dalle informazioni che lasciamo sui
social network o sulle nostre ricerche su internet, ma non solo.
L'utilizzo di sensori come telecamere e microfoni hanno dato una
spinta eccezionale alla capacità predittiva, che è arrivata a
livelli inimmaginabili. A queste capacità dedicheremo uno spazio
approfondito nei prossimi numeri di Aprile.
L'altra novità che caratterizza
il capitalismo della sorveglianza è che, a differenza del
capitalismo tradizionale, non
ha praticamente bisogno di manodopera, se non di
una élite
tecnologica
che può essere profumatamente remunerata. Le poche persone che sono
a conoscenza dei meccanismi di trasformazione ed elaborazione dei
dati appartengono ad un nuova classe sociale di privilegiati, un
clero
costituito da ingegneri, psicologi, sociologi, informatici, manager.
Questo clero è l'unico in grado ad avere accesso alle informazioni
che costituiscono il plusvalore del capitalismo della sorveglianza.
C'è quindi un'asimmetria senza precedenti della conoscenza e del
potere che la conoscenza porta con sé: i capitalisti della
sorveglianza sanno tutto di noi mentre per noi è impossibile sapere
quello che fanno.
La
tecnologia in possesso del capitalismo della sorveglianza consente,
in un mondo iperconnesso e digitalizzato, un'incursione in tutti i
settori della vita umana, dalle
autovetture alle case, dai sistemi per la produzione di energia
all'industria del divertimento, dall'educazione alla salute, dai
giocattoli all'abbigliamento. E' questa probabilmente la novità
più rilevante di un sistema di cui portiamo, con ingenuità, in
tasca i tentacoli. Acquisire consapevolezza del suo potere è
straordinariamente necessario, perché in gioco ci sono diritti,
democrazia, le nostre vite. Siamo in profondo ritardo, intontiti,
ammaliati dalle "meraviglie"
della tecnologia digitale e dal futuro radioso che ci promette.
Matteo Sestu