Presidente, i detrattori
dell'ANPI sostengono che,
essendo ormai rimasti in
pochi i testimoni della guerra partigiana, non avrebbe più senso l'associazione che Lei presiede. Cosa ritiene di rispondere nel merito?
Mi chiedo come mai esistano le associazioni dei garibaldini o intestate direttamente a Giuseppe Garibaldi, visto che
lo sbarco a Marsala è avvenuto
l'11 maggio 1860, o che senso
abbiano i Templari Cattolici
d'Italia con tanto di Accademia,
atteso che l'ultimo dei templari
scomparve sul rogo il 18 marzo
1314. La verità è che a qualcuno dà fastidio un'associazione
come l'Anpi, che non si limita a
ricordare la straordinaria esperienza resistenziale, ma si propone di interpretarne i valori nel
tempo presente e di impegnarsi
per la piena attuazione della
Costituzione. Per dirla in altro
modo, l'Anpi non si limita a
venerare le ceneri, ma opera
per custodire il fuoco. Gli "innumerevoli detrattori" si mettano il
cuore in pace: l'Anpi c'era, c'è e
ci sarà.
Viviamo tempi caratterizzati
dalla fuga dell'umanità verso l'individualismo più esasperato e dal trionfo
delle paure e superstizioni più antiche nei confronti dell'altro, Lei pensa
che l'Anpi possa dare accesso a un
sistema di valori capace di spezzare
questa spirale negativa?
Non credo che sia esatto dire che l'umanità è in fuga verso l'individualismo.
Immagino che il fenomeno, pur diffuso,
riguardi specialmente l'ambito della cultura occidentale. Credo che questa cultura stia attraversando una crisi profondissima e che ciò sia legato allo spostamento del baricentro economico dall'ovest all'est del mondo. Leggevo che a
metà del 900 l'occidente produceva il
70% del PIL mondiale e che, secondo
alcune proiezioni, nel 2030 produrrà il
30% del PIL mondiale. Certo, l'occidente mantiene ancora una supremazia
militare. Però credo in sostanza che ci
sia un suo declino che non riguarda solo
l'aspetto economico, ma anche quello
culturale, sociale, politico in uno scenario di una Terra sempre più multipolare.
E penso, per quello che ci riguarda più
direttamente, che bisogna finalmente prendere atto che il mondo non gira
attorno all'Europa, ma che l'Europa gira
attorno al mondo. Il che vuol dire, fuor di
metafora, che occorre pensare ad un
nuovo ruolo dell'Unione Europea che,
oltre a guardare agli Stati Uniti, si rivolga
ai Paesi dell'est e al grande sud della
terra, all'Africa e al Medio Oriente, con
uno sguardo che non sia più predatorio,
ma di feconda collaborazione e di virtuosa coesistenza. La guerra in corso in
Ucraina ci parla di questo e ci interroga
drammaticamente sul futuro. Chi sta
pagando e pagherà il prezzo più alto
sarà il popolo ucraino, quanto più andrà
avanti questa guerra. O se ne esce
prima con un ragionevole negoziato e
poi con una conferenza internazionale
che stabilisca i codici di una nuova coesistenza pacifica e di una prospettiva di
disarmo, oppure, con una nuova guerra
fredda, vivremo un potenziale isolamento dell'UE, e tutto sarà più difficile. A dire
il vero, tutto è più difficile fin da ora, perché la crisi, la pandemia, la guerra, l'inflazione stanno taglieggiando i popoli
europei ed il nostro popolo. Basta andare al mercato o fare il pieno di benzina
per averne conferma. Ma torno all'individualismo, alle paure e alle superstizioni.
L'individualismo è il risvolto psicologico
di quella politica economica di liberismo
sfrenato che subiamo da decenni e che
ha fallito prima con la grande crisi economica avviata nel 2008 e poi con la
pandemia. Il dramma è che si persiste
sulla stessa strada. Il risultato è sotto gli
occhi di tutti: l'aumento esponenziale delle diseguaglianze sociali. La paura è
la spiegabile reazione a questa crisi; le
cose si complicano quando, invece di
operare per colmare il divario fra chi ha
di più e chi ha di meno, si addita alla
colonna infame chi ha ancora di meno e
si vede nel poveraccio che fugge dalla
fame e sbarca in Italia il nemico, "l'uomo
nero". La superstizione, infine, è il portato dell'irrazionalismo, che è una vera e
propria cultura alternativa al primato della ragione ed alla ragione della
scienza. A questi tre
sostantivi - individualismo, paura, superstizione - bisogna contrapporre una sequenza di valori alternativi. In primo
luogo la persona, che
per definizione esiste
nella relazione con le
altre persone. La persona possiede la dignità,
entrambe parole costituzionali. L'individuo è un
numero, un consumatore, l'oggetto di un algoritmo. In secondo luogo,
contro la paura, la speranza, perché la paura si
misura in un certo spazio
(paura dell'altro) e in un certo tempo
(paura del domani); la speranza si misura in un altro spazio, la solidarietà, e in
un altro tempo, la possibilità concreta
che il domani sia migliore dell'oggi.
Inutile dire che al centro dell'idea della
speranza ci deve essere il lavoro. Se tu
fai il lavoro precario, tutto è precario,
perché non puoi fare un mutuo, non
puoi prendere in fitto un appartamento,
non puoi acquistare un'auto a rate.
Dobbiamo invertire la tendenza, capovolgere il tavolo, non rassegnarci mai.
Alla superstizione occorre infine contrapporre la realtà oggettiva e specialmente la conoscenza, la cultura.
Quanto più e quanto meglio sai, tanto
meno ti perdi nelle fanfaluche delle credenze irrazionali. Ed è bene il sapere, a
cominciare dalla conoscenza della storia recente del nostro Paese, quando le
partigiane e i partigiani conquistarono
un'Italia migliore declinando proprio
queste parole: persona umana, solidarietà, lavoro, eguaglianza sociale. E,
aggiungo, pace, parola drammaticamente e urgentemente attuale.
Da qualche decennio si ripresentano, in Italia ed in Europa più in generale, organizzazioni che si rifanno a
ideologie fasciste e naziste che non
sempre trovano i giusti ostacoli nell'azione dei vari governi. Lei pensa
che si dovrebbe fare qualcosa di più
da parte dei singoli stati e dall'Unione
Europea?
A dicembre del 2021 sono andato a
Bruxelles ed in una serie di incontri con
i parlamentari - italiani e non - ho proposto loro di approvare una mozione che
ponga a fondamento dell'Unione
Europea l'antifascismo, l'antinazismo,
l'antirazzismo. Mi pare francamente di
aver trovato ascolto nei gruppi progressisti e democratici. Temo che con il disastro della guerra tutto sia diventato più
difficile. Sempre a dicembre, con altre
associazioni, mi sono incontrato con il
capo di gabinetto della Presidenza del
Consiglio per chiedere lo scioglimento
delle organizzazioni neofasciste.
Ricordiamoci che il 9 ottobre era avvenuto l'assalto alla sede nazionale Cgil.
Finora non è avvenuto niente, e questo
è inquietante. Mi rendo conto che con il
governo attuale, dove vi sono forze che
non condividono questa proposta -
penso alla Lega - sia complicato provvedere allo scioglimento delle organizzazioni neofasciste. Ma a maggior
ragione penso che occorra un atto di
coraggio politico, una chiara scelta di
campo.
Quali sono, secondo Lei, gli anticorpi, collettivi e/o individuali, che è
necessario promuovere e coltivare
per impedire l'attecchimento della
gramigna rappresentata dal pensiero
fascista?
La questione fondamentale è prosciugare i pozzi del malessere sociale, perché da quell'acqua si alimenta il reclutamento neofascista e il consenso ai partiti che in un modo o nell'altro hanno le
loro radici nella cultura fascista. Questo
vuol dire occasioni di lavoro vero, impegno per il riscatto delle periferie, rappresentanza reale dei bisogni dei ceti popolari. Questa è la strada maestra, ma non
mi faccio illusioni. Poi c'è la scuola, la
formazione. Al centro ci dev'essere la
conoscenza e l'approfondimento della
Costituzione e lo studio del fascismo,
dell'antifascismo e della Resistenza. Ed il divario fra chi ha
di più e chi ha di meno, si addita alla
colonna infame chi ha ancora di meno e
si vede nel poveraccio che fugge dalla
fame e sbarca in Italia il nemico, "l'uomo
nero". La superstizione, infine, è il portato dell'irrazionalismo, che è una vera e
propria cultura alternativa al primato della ragione ed alla ragione della
scienza. A questi tre
sostantivi - individualismo, paura, superstizione - bisogna contrapporre una sequenza di valori alternativi. In primo
luogo la persona, che
per definizione esiste
nella relazione con le
altre persone. La persona possiede la dignità,
entrambe parole costituzionali. L'individuo è un
numero, un consumatore, l'oggetto di un algoritmo. In secondo luogo,
contro la paura, la speranza, perché la paura si
misura in un certo spazio
(paura dell'altro) e in un certo tempo
(paura del domani); la speranza si misura in un altro spazio, la solidarietà, e in
un altro tempo, la possibilità concreta
che il domani sia migliore dell'oggi.
Inutile dire che al centro dell'idea della
speranza ci deve essere il lavoro. Se tu
fai il lavoro precario, tutto è precario,
perché non puoi fare un mutuo, non
puoi prendere in fitto un appartamento,
non puoi acquistare un'auto a rate.
Dobbiamo invertire la tendenza, capovolgere il tavolo, non rassegnarci mai.
Alla superstizione occorre infine contrapporre la realtà oggettiva e specialmente la conoscenza, la cultura.
Quanto più e quanto meglio sai, tanto
meno ti perdi nelle fanfaluche delle credenze irrazionali. Ed è bene il sapere, a
cominciare dalla conoscenza della storia recente del nostro Paese, quando le
partigiane e i partigiani conquistarono
un'Italia migliore declinando proprio
queste parole: persona umana, solidarietà, lavoro, eguaglianza sociale. E,
aggiungo, pace, parola drammatica ancora, va sempre veicolata l'idea che i
valori della Resistenza e della
Costituzione non sono una vuota frase
retorica, ma la strada perché si formino
pienamente i cittadini. In sostanza la formazione dovrebbe essere l'anticamera
di un impegno civile. Ed infine: la politica
dovrebbe essere un esempio non solo
nelle scelte ma anche nei comportamenti in particolare nella drammatica
fase che stiamo vivendo. Se questo non
avviene - e questo non avviene - si fa
sempre più strada l'idea dell'uomo forte,
si indebolisce l'immagine della democrazia, aumenta la distanza - spesso la
vera e propria separazione - fra politica
e società. E in questo vuoto piccoli (e
grandi) fascisti crescono. Ancora una
volta non mi faccio illusioni. Ma penso
anche che ci sia nel nostro Paese un
mondo, in particolare quello dell'associazionismo laico e religioso, che sia
disposto a scendere in campo in difesa
della buona politica e delle buone istituzioni. Un mondo che declina le parole
giuste e che esercita un antifascismo
quotidiano. Noi, l'Anpi, cerchiamo al
meglio di fare la nostra parte.
Intervista di
Giovanni Modaffari