Lunedì 16 gennaio 1984 Enrico
Berlinguer fece tappa a Oristano
durante il suo giro elettorale
nell'Isola nel corso della campagna per
il rinnovo del Consiglio Regionale.
Pochi mesi dopo Berlinguer sarebbe
morto a Padova, dopo il tragico malore
che lo colse durante un comizio in quella città. Il "giro elettorale" nell'Isola resta
dunque uno delle ultimissime testimonianze del grande Segretario del PCI,
la cui morte lasciò nello sgomento non
solo dirigenti e militanti del Partito, ma
tutta l'Italia.
Per questo vale la pena ricordare quella tappa per le caratteristiche che assunse allora e per
il significato di un incontro
umano, prima che politico, con
le giovani generazioni di allora.
Un incontro in luoghi singolari,
una palestra scolastica e una
pizzeria, in cui Berlinguer capovolse i ruoli: certo furono i ragazzi poco più che adolescenti a
porgli domande ma, contravvenendo al "protocollo politico" fu
lui soprattutto a porre domande:
"cosa vi aspettate dal Partito
Comunista, come volete che
sia", "cosa pensate della nostra
politica", "come vedete il vostro
futuro", e via domandando e
soprattutto ascoltando.
Io quasi casualmente fui presente a quell'evento e quasi casualmente fui protagonista dell'organizzazione della cena in pizzeria tra
Berlinguer e una nutrita rappresentanza
di giovani.
Bisogna fare una breve premessa a
quell'evento.
La visita elettorale di Berlinguer in
Sardegna fu preparata, ovviamente,
nelle stanze della Segreteria Regionale
del PCI (Segretario Regionale era
Mario Pani) e prevedeva tappe a
Cagliari, Sassari, Carbonia, Ottana coi
lavoratori degli impianti chimici, i pastori
nelle campagne di Dorgali a Isalle, Orroli, Olbia, Porto Torres e, infine,
Oristano. Ogni tappa aveva un tema,
come è facile intuire, e per Oristano fu
deciso l'incontro con le nuove generazioni.
Non fu una scelta casuale. Erano anni
quelli in cui le tensioni internazionali
erano al culmine e si era tenuta la conferenza sulla pace a Stoccolma nel
dicembre del 1983 che aveva segnato
una distanza netta tra l'URSS e gli USA
sul tema degli armamenti, della corsa al
riarmo, delle nuove armi spaziali,
insomma i blocchi orientali e occidentali non erano mai stati tanto lontani e contrapposti. Ma erano anche gli anni in cui
nacque un fortissimo movimento per la
pace, con grandi manifestazioni in
Europa ed in Italia, caratterizzate da
una fortissima presenza di ragazze e
ragazzi.
Anche una piccola città di provincia
come Oristano era stata protagonista di
quelle manifestazioni, soprattutto per
merito di una organizzata e forte FGCI
provinciale (la Federazione dei Giovani
Comunisti del PCI) il cui Segretario di
allora (Andrea Piano) era un ragazzo
poco più che ventenne ma dotato di
grande intelligenza politica e grandi
capacità organizzative. E fu tanto protagonista che nell'ottobre del 1983 organizzò una manifestazione per la pace
con oltre tremila ragazzi che sfilarono
per le vie cittadine. Ebbene quei tremila
ragazzi fecero scrivere all'Unità
"Contano di più i tremila di Oristano o i
trentamila della manifestazione di
Roma ?" dando così un titolo di merito,
per altro sacrosanto, ad Andrea e ai
suoi compagni della FGCI.
Fatta questa premessa, si decise che il
tema della visita di Berlinguer a
Oristano dovesse essere un incontro
coi giovani protagonisti di quella manifestazione. La FGCI, con la segreteria
provinciale del PCI (Segretario era
Umberto Cocco) organizzò l'iniziativa.
La scelta fu quella di un confronto
Berlinguer-giovani nel pomeriggio del
16 gennaio sui temi della pace. Fu una
bellissima assemblea, partecipata ed
animata, che si tenne nell'ampia e gremitissima (non solo di ragazze e ragazzi, ma anche di tantissimi insegnanti)
nell'ampia palestra del Liceo Classico
"De Castro", storico Istituto scolastico
della città, il cui Preside (Bruno Manai)
fu ben lieto di concedere i locali.
Fu un confronto serio, animato, franco,
spontaneo, nel quale Berlinguer mostrò
tutta la sua capacità di
confronto aperto e sincero e il suo straordinario
interesse di conoscenza
del pensiero e del giudizio
dei giovani verso il suo
partito. Rispose alle tante
domande, sempre spontanee, che i giovani gli
rivolsero. Poi, ad un certo
punto, ribaltò il tavolo e fu
lui a fare domande ai
ragazzi e ci fu una gara
dei ragazzi stessi a
rispondere. Dopo quasi
due ore di confronto e
quando l'incontro si
sarebbe dovuto concludere perché Berlinguer
doveva rispondere ad
una programmata intervista, una ragazza si alzò e
candidamente invitò il segretario del
PCI a mangiare una pizza con loro.
Nello stupore generale (per qualcuno
direi terrore), come se oramai si fosse
instaurato un rapporto amichevole tra
loro, Berlinguer disse "Perché no ?! Mi
fa piacere. Fatemi andare a rispondere
a un'intervista e vi raggiungo".
Faccio un'ulteriore piccola premessa
prima di andare avanti nei ricordi. Io non
ero più nella Segreteria provinciale del
PCI: mi ero iscritto al partito nel 1970,
avevo poi fatto il segretario provinciale
della FGCI e, alla fine degli anni '70, ero
entrato in segreteria. Nel 1983 avevo
lasciato la segreteria provinciale ed ero
andato a dirigere la Lega delle
Cooperative di Oristano, in nome del
vincolo stretto che allora legava le
Organizzazioni sindacali e di rappresentanza ai partiti della sinistra.
Ovviamente il fatto che Berlinguer
venisse a Oristano mi coinvolse comunque e mi misi a disposizione per "dare
una mano". Dunque ero presente nella
palestra del "De Castro" a quel dibattito.
Dunque, dicevo, l'iniziativa finisce, e,
inopinatamente, per la nomenklatura
locale del PCI e per i servizi di sicurezza che lo scortavano, Berlinguer accetta l'invito in pizzeria. E scoppia il panico.
E mò ? Andrea non si perde d'animo, mi
vede e mi chiede di aiutarlo ad organizzare la pizzata: lui penserà a selezionare la delegazione, io devo preoccuparmi del resto. Questore e Prefetto ci
chiedono spiegazioni: la pizzeria non
era prevista, non è opportuno, non ci
date il tempo di organizzarci, e via protestando. Manco li ascoltiamo.
Propongo ad Andrea la pizzeria di
Catapano, la storica pizzeria di
Oristano, l'unica che allora aveva un
locale sufficientemente grande per tutti,
ma anche perché, essendo io un suo
cliente abituale, avevo sufficiente confidenza per chiedergli di ospitare tutti.
Scortato da poliziotti e carabinieri nel
più totale pallone per dover improvvisare un servizio di vigilanza adeguato
(non dimentichiamo che eravamo
ancora in un periodo in cui il terrorismo
"politico" ogni tanto si affacciava sulle
scene), arrivo in pizzeria. A quell'ora,
erano circa le sette di sera, la pizzeria
era ancora deserta, i Catapano, marito
e moglie, erano intenti alla solita routine
pre-cena: lui dietro il banco preparava i
vassoi con gli impasti pronti per le spianate delle pizze e una sfilza di contenitori con tutto quello che serviva per condirle, lei trottava in sala apparecchiando
i tavoli. Una scena familiare, perché
familiare era la pizzeria Catapano. Vado
dritto al banco, saluto e mi rivolgo al
signor Catapano.
Gli illustro la situazione: Berlinguer è a
Oristano, "O' saccio" - mi risponde, e
intanto entrambi guardavano sospettosi
me e gli agenti di polizia che mi seguivano.
"Vuole venire a mangiare la pizza da lei
- gli dico mentendo spudoratamente.
Figuriamoci se Berlinguer sapeva dell'esistenza della pizzeria Catapano!
"Viene acca'? oh Maronna mia! e c'aggia fa'? - mi risponde.
E io "La pizza per trenta-trentacinque
persone",
"Sì - aggiunge lesto e perentorio un
poliziotto che mi accompagnava - ma
quando c'è l'onorevole e quelli che l'accompagnano non deve entrare nessun
altro".
Il buon Catapano guarda smarrito la
moglie, donna pratica, abituata a trattare coi clienti e che accudiva i tre figli, la
casa e la pizzeria con la stessa energia.
Lei guarda me e il marito e dice: " E che
problema c'è ? a noi l'onorevole ci sta
simpatico, è nu bbuono politico, ci fa
piacere. Dicite ca' amma fa', e o' facimme. Quante pizze devono essere ?
(diceva sempre così a chiunque entrasse in pizzeria: quante devono essere,
come devono essere). Quanti tavoli preparo ?"
Francamente a quel punto ero io in difficoltà. "Mi dia qualche minuto che mi
informo meglio e glielo dico" rispondo.
Lascio poliziotti e carabinieri a predisporre il servizio di sorveglianza (e che
sicuramente avranno stressato i poveri
signori Catapano per controllare il locale) e mi fiondo alla ricerca di Andrea.
Lo trovo ancora nella palestra circondato da un nugolo di ragazze e ragazzi
che sta organizzando la delegazione di
aspiranti mangiatori di pizza in compagnia di Berlinguer. Gli pongo i quesiti
della Catapano e serafico mi dice
"Guarda, noi saremo venti-venticinque.
Però tieni conto che Berlinguer vuole un
tavolo solo per lui e la nostra delegazione di studenti. Degli altri non so nulla.
Vedi tu."
Torno in pizzeria. Trovo i Catapano, che
nel frattempo si erano infilati grembiuli
immacolati e stirati di fresco, intenti a
preparare. Lui attizzava il fuoco nel
forno, gettando dentro legna a bracciate, lei apparecchiava i tavoli.
"Dunque signora - le dico - serve un
tavolo per venti-venticinque persone
per l'onorevole Berlinguer e i ragazzi.
Poi almeno altri due tavoli ciascuno per
una decina di persone".
"Uno da cinque per noi, separato e vicino alla porta"- aggiunge il solito poliziotto, che seguiva con attenzione le mie
mosse.
"Va bbuono, ce penz'io. Non vi preoccupate." risponde tranquilla la signora.
Quando venne l'ora, dopo le 20, arrivarono prima una ventina di ragazzi
capeggiati da Andrea, e appresso tutto
lo stato maggiore del regionale del
Partito che accompagnava Berlinguer,
quei quattro-cinque che in qualche
modo avevamo collaborato con la federazione provinciale per organizzare la
visita ad Oristano, ed infine Berlinguer,
scortato dal fido Tonino Tatò (praticamente l'ombra di Berlinguer), il
Segretario regionale e quello provinciale.
A ripensarci ora, credo proprio che il
segretario regionale (e non solo lui) ci
restò molto male quando gli fu detto
che Berlinguer voleva essere solo al
tavolo coi ragazzi. Fu abbastanza evidente che non aveva informato nessuno, tranne Andrea, di questo suo desiderio, perché Tatò si preoccupò di far
osservare le disposizioni del Segretario
nazionale. Così si formò un tavolo in cui
al centro c'era Berlinguer col solito Tatò
al suo fianco e solo una ventina di
ragazze e ragazzi di fianco o di fronte.
Io stavo ovviamente in un tavolo separato coi compagni che avevano collaborato, chi più chi meno, alla buona riuscita della visita.
Purtroppo non sono in grado di raccontare cosa Berlinguer e i giovani si dissero in quell'ora e mezza in pizzeria.
Troppo lontano per carpire i dialoghi,
che spesso si accavallavano disordinatamente. Bisognerebbe chiedere ad
Andrea Piano, che stava lì ed era il
capo indiscusso e indiscutibile di quei
giovani.
Ricordo bene però che la discussione
era abbastanza curiosa: era Berlinguer
che faceva domande ai ragazzi, ai
quali, con mia sorpresa, dava del "lei",
e loro, i ragazzi, e soprattutto le ragazze, si accavallavano nelle risposte. La
scena era abbastanza curiosa:
Berlinguer parlava e da quel tavolo
giungeva solo la sua voce, si interrompeva ed arrivava un vociare simultaneo
dei ragazzi che volevano dire la loro.
Seppi solo alla fine, da Andrea, che la
serata era trascorsa sulla falsariga dell'assemblea del pomeriggio: domande
di Berlinguer sulle loro aspettative di
vita e di lavoro, domande sulla scuola,
domande sul movimento per la pace,
domande su come vedessero il PCI e
su come lo avrebbero voluto.
Di quella serata resta il ricordo di un
uomo, Enrico Berlinguer, che apparve
a me e ai tanti, compagni e non, che
ebbero la fortuna di vederlo e sentirlo
da vicino, una persona certo dotata di
un forte carisma personale ma soprattutto di grandissima curiosità intellettuale e capacità di rapporto umano. E inoltre, se posso aggiungere una curiosa scena che allora mi fece divertire, ricordo il suo incontro con Alfredo Torrente. I
due si conoscevano dai primi anni '50,
quando Torrente era nella Segreteria
Regionale e Berlinguer era stato inviato
dalle Botteghe Oscure proprio nella
Segreteria regionale per "farsi le ossa"
dopo la guida della FGCI nazionale.
Non si vedevano da lungo tempo e il
loro incontro fu davvero una scena
comica: Torrente era un omone di quasi
un metro e novanta e oltre centoventi
chili, Berlinguer un omino di circa un
metro e sessantacinque, e di sessanta-sessantacinque chili - l'uno il doppio
dell'altro - e quando si incontrarono
Berlinguer lo vide da lontano e quasi
gridando scandì sorridendo "Alfredoooo
.....", e Torrente, che visibilmente non
stava più nella pelle, si precipitò verso di
lui e lo abbracciò. Il povero Enrico fu letteralmente sommerso da Alfredo, sparì
sotto la sua enorme mole e più d'uno,
me compreso, pensò che l'avesse letteralmente stritolato. Ovviamente seguì
una generale risata, mentre i due,
Torrente rosso in viso per l'emozione
dell'incontro, Berlinguer un po' stropicciato per l'abbraccio, avevano preso a
parlare fitto fitto chissà di cosa.
Insomma una giornata veramente speciale che ricordo sempre con grande
piacere.